La Guardia di Finanza
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Cronaca

"Levante", proseguono gli interrogatori. Si ricomincia domani

Alcuni hanno risposto alle domande della Gip, altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere

Sono proseguiti nella giornata di venerdì e riprenderanno domani mattina gli interrogatori di garanzia delle persone arrestate nell'ambito dell'operazione denominata "Levante".

Dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna, che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare nei loro confronti, sono comparsi in videoconferenza i primi indagati: alcuni hanno risposto alle domande del giudice respingendo le accuse e fornendo la propria versione dei fatti, altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

I reati contestati, a vario titolo, sono di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all'autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al contrabbando di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di stupefacenti e alla detenzione illegale di armi.

Sono, in totale, 86 le persone indagate a piede libero, tra imprenditori, professionisti e pubblici ufficiali.

L'inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia e della Guardia di Finanza, che ha sgominato due differenti gruppi criminali e ha riportato dietro le sbarre Emanuele Sicolo, affiliato al clan Parisi di Bari, ha consentito di descrivere la figura di Francesco Giordano, imprenditore di Bitonto finito in carcere, «come al centro di una complessa organizzazione di mezzi e persone» che nel corso degli anni, attraverso una rete di società e prestanome secondo gli investigatori baresi, sarebbe riuscito a «conseguire un risparmio di spesa, con corrispondente danno erariale, per circa 31 milioni di euro, che "drenava" in parte, così oscurandone la provenienza delittuosa, facendo affluire denaro nelle casse di altre società riconducibili al sodalizio criminale, dietro lo schermo di false transazioni commerciali».

I proventi così illecitamente realizzati sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico con operazioni di riciclaggio. Proprio nella fase della "monetizzazione" dei proventi illeciti sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosissimi "fiduciari" a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste illecitamente conseguite dal sodalizio per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico.

L'altro gruppo criminale, invece, di carattere transnazionale e con base operativa in provincia di Bari, era attivo nell'illecita commercializzazione di oli lubrificanti, in evasione delle accise dovute all'erario, e ruotava intorno alle figure verticistiche dei fratelli Marotta, Giuseppe e Domenico, entrambi originari di Bari e rinchiusi in carcere.

«Trasporti internazionali» e «successive vendite in Italia di prodotti petroliferi», sarebbero stati sottratti al pagamento dell'accisa, fissata a 617 euro ogni 1.000 litri, e sarebbero stati qualificati «in maniera fraudolenta - quali "oli lubrificanti" e "preparazioni lubrificanti" -, sottoposti invece al solo pagamento dell'imposta di consumo, nonostante si trattasse di preparazioni chimiche con caratteristiche analoghe a quelle del gasolio».
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