
Cronaca
Autista ucciso a Rieti da masso, Mons. Piccinnona: «Disinnescare violenza a tutti i livelli»
TV 2000 ha intervistato il prelato in merito ai fatti luttuosi accaduti domenica 19 ottobre dopo la partita di basket tra i locali ed il Pistoia
Bitonto - lunedì 20 ottobre 2025
19.28
«Quello che stiamo vivendo è un momento luttuoso non solo per la famiglia del povero Raffaele, ma per tutti noi. Rieti è una città che si distingue per lo sport, è la valle santa francescana. Ma con Raffaele siamo morti un po' tutti quanti».
Lo ha detto monsignor Vito Piccinonna, bitontino, vescovo di Rieti, ai microfoni di TV 2000. Le dichiarazioni sono arrivate all'indomani della morte dell'autista Raffaele Marianella, avvenuta domenica 19 ottobre sulla statale 79 tra Rieti e Terni, all'altezza di Citigliano, per mano di ultras della Sebastiani Basket Rieti, autori con ogni probabilità del lancio di massi contro il pullman che riportava a casa i supporters del Pistoia. Un fatto di cronaca terribile, che ha sconvolto non solo il mondo sportivo e della pallacanestro, ma ha lasciato una profonda ferita in tutta la società italiana.
«È una intera comunità - ha spiegato don Vito - che deve prendere coscienza di questo male. La città ha gli anticorpi per combattere questa violenza, disinnescando quella che si respira ad ogni livello. Non dobbiamo fermarci, dobbiamo continuare a seminare bene. Questo è il primo step da fare, umanizzando poi certi sentimenti ed edificando una nuova comunità».
Lo ha detto monsignor Vito Piccinonna, bitontino, vescovo di Rieti, ai microfoni di TV 2000. Le dichiarazioni sono arrivate all'indomani della morte dell'autista Raffaele Marianella, avvenuta domenica 19 ottobre sulla statale 79 tra Rieti e Terni, all'altezza di Citigliano, per mano di ultras della Sebastiani Basket Rieti, autori con ogni probabilità del lancio di massi contro il pullman che riportava a casa i supporters del Pistoia. Un fatto di cronaca terribile, che ha sconvolto non solo il mondo sportivo e della pallacanestro, ma ha lasciato una profonda ferita in tutta la società italiana.
«È una intera comunità - ha spiegato don Vito - che deve prendere coscienza di questo male. La città ha gli anticorpi per combattere questa violenza, disinnescando quella che si respira ad ogni livello. Non dobbiamo fermarci, dobbiamo continuare a seminare bene. Questo è il primo step da fare, umanizzando poi certi sentimenti ed edificando una nuova comunità».