Il professor Mino e la pinacoteca: «Ha donato un patrimonio»

I nipoti: «Nostro zio non era un ladro e ha lasciato alla comunità bitontina e non solo opere che valgono miliardi»

sabato 23 luglio 2022 9.34
Un collezionista illuminato che ha donato i suoi tesori allo Stato e al Comune di Bitonto affinché sopravvivessero al tempo, restassero assieme, fossero testimonianza della passione e dell'amore che Girolamo Devanna, da tutti conosciuto come il professor Mino, ha vissuto per l'arte.

Non si definiva un mecenate, ma un uomo che si è dedicato alla Regione e alla sua città: «Mi piaceva - diceva quand'era in vita - l'idea di sperare di poter rivedere i miei dipinti e anche, per dirla tutta, di avere l'opportunità di poter accompagnare le tappe della nascita di questa Pinacoteca».

«La notizia di giovedì è arrivata in maniera inaspettata - ci confessano i parenti -. Il sequestro delle opere era avvenuto già ad agosto scorso, ad un mese dalla morte di zio Mino, che ha portato con sé tanto dolore, e già ad aprile scorso le opere, dopo un'attenta verifica da parte delle autorità competenti, sono state dissequestrate e restituite ai legittimi proprietari».

«Moltissime di queste sono restate a noi - ha detto ancora -, perché regolarmente acquisite, anzi, per essere più precisi, come da volontà testamentarie, saranno a disposizione dello Stato e della città, perché zio ha donato tutto. Non era un ladro, ha donato opere che valgono miliardi e noi continuiamo a vivere dei suoi racconti, di quelli che ci faceva ogni qual volta tornava dai suoi viaggi, del ricordo dei suoi occhi luminosi per un nuovo artista scoperto».

A Mino e sua sorella Rosaria, scomparsa nel febbraio 2019, infatti, è dedicata la Galleria Nazionale della Puglia, ospitata all'interno del palazzo tardo rinascimentale Sylos - Calò, che offre la vista verso la centralissima piazza Cavour, già sede del Sedile del Popolo, fulcro tra la città antica e il nuovo borgo. L'unica di tutta la Regione dedicata all'arte moderna e contemporanea.

All'interno del complesso ci sono opere donate allo Stato nel luglio 2004: si tratta di 229 dipinti e 108 disegni, databili dal XVI secolo a tutto il Novecento, nucleo di una singolare collezione formata in anni di appassionata ricerca. Nata da un impegno congiunto da parte di tutta la comunità: dal reperimento dei fondi necessari per il restauro e la musealizzazione, che vide l'impegno della Comunità Europea, dello Stato e della Regione, al progetto di ordinamento museale, fino alla cura della Soprintendenza destinataria finale della donazione.

Il progetto di ordinamento museale ha tentato di preservare la percezione e il senso di patrimonio di collezione privata della raccolta, cercando far emergere il filo conduttore che negli anni ha suggerito ai donatori gli acquisti, gli scambi e le scoperte.

Tra le opere più preziose i dipinti di Il Veronese, El Greco e Giovan Filippo Criscuolo, esempi di pittura veneta con un Ritratto di gentiluomo e l'Ecce Homo di Leonardo Corona. I "due secoli d'oro", la pittura barocca del Seicento e Settecento, vedono oltre ad Artemisia ed Orazio Gentileschi, anche la tavola con Cristo Deriso attribuita a Bernardino Mei, e poi ancora diversi ritratti attribuiti a Velasquez, nature morte e scene mitologiche.

Oltre alla scuola napoletana, non mancano contributi europei come Melendez, Delacroix e Hamilton. A completare il percorso il nucleo di pitture tra Otto e Novecento dove, accanto a dipinti francesi, tedeschi, inglesi e danesi, spicca un cospicuo numero di opere italiane con Giuseppe De Nittis, Francesco Speranza e Michele Cammarano.

Proprio nel giorno della morte di Mino Devanna, il 30 luglio 2021, è stata inaugurata l'ultima stanza: la sala delle collezioni del Novecento. Convivono lo spirito di libertà di Man Ray, con l'esperienza d'avanguardia del futurismo italiano con Giacomo Balla, fino al racconto dell'Italia degli anni Settanta con Pino Pascali e Beatrice Wood, americana nella ruggente Parigi degli anni Dieci e poi sodale a New York di Marcel Duchamp.

Mino è stata «una persona eccezionale», soprattutto per la sua «capacità di saper guardare lontano: questa lungimiranza è quella che ha sostanziato anche la decisione di donare i quadri alla città e fare la Galleria Nazionale», ricordò quel giorno il professor Nicola Pice, che nel 2004 era sindaco della città.

«Bitonto non potrà mai restituire, neanche con l'affetto ed il dolore che sentiamo così forti - aggiunse il già sindaco Michele Abbaticchio -, quello che questa famiglia ha voluto per la propria comunità».