
Attualità
Fotovoltaico, a Bitonto prende posizione anche il Centro Ricerche di Storia e Arte
Dal sodalizio: «Non un ulivo di meno»
Bitonto - martedì 14 ottobre 2025
Comunicato Stampa
Riceviamo e pubblichiamo la nota del Centro Ricerche di Storia e Arte di Bitonto sulla possibilità dell'installazione di un grande impianto fotovoltaico nelle campagne di Mariotto.
«Intus poma virent. Extra florescit oliva ("Dentro verdeggiano gli alberi fruttiferi, fuori lussureggia l'ulivo").
Così Giovanni Francesco Sylos, che nel 1682 rapporta il suo 'pomario' al più ampio contesto paesaggistico dell'agro Bitonto. Così il Centro Ricerche di Storia e Arte - Bitonto, che, nell'attuale situazione emergenziale del paesaggio olivicolo, chiama ad una scelta di responsabile civismo e di doverosa tutela.
Il paesaggio, infatti, è una combinazione non replicabile tra elementi naturale ed elementi antropici. È memoria e proiezione. È identità ed eredità. Il paesaggio siamo 'noi'. Il 'noi' di Bitonto è il reticolo di strade che, dal centro pulsante dell'abitato urbano, si irradia in forma tentacolare verso l'agro; è la cattedrale romanica intorno a cui gravitano, come satelliti, chiese, palazzi nobiliari e sottani senza luce, poveri di arredi, ma ricchi di una umanità operosa, con le mani sporche di terra; è la geografia dei pagliari, delle neviere e delle torri che assicurano riparo, ristoro, difesa al di là della cinta muraria; è il sistema dei trappeti, dei palmenti e dei mulini, cantieri di produttività per una popolazione che profuma di olio, di vino, di pane.
Il racconto dei beni culturali di Bitonto e del nostro 'noi' potrebbe continuare. Ma si ferma qui. Non si può tacere, invece, il valore dell'ulivo, pianta di identità e di comunità, veicolo di benessere e garanzia di libertà.
A questo antenato vegetale, che si fa giovane rampollo nelle pieghe della storia, il Centro Ricerche di Storia e Arte vuole prestare la sua voce per gridare l'irrinunciabile valore storicoculturale, oltre che antropologico ed economico, della distesa degli uliveti che abbraccia il centro urbano di Bitonto, Mariotto e Palombaio. Le minacce al paesaggio olivetato avanzano con un ritmo che desta preoccupazione e portano nomi diversi, tutti ugualmente temibili. Gli impianti agrovoltaici e gli ecomostri generati dalla transizione ecologica, non meno della infestante Xylella, rischiano di devastare il territorio di Bitonto sfigurandolo in modo irreversibile. E a rimanere sfigurato non sarebbe soltanto l'agro, con le irrimediabili conseguenze sul piano economico. Un albero di ulivo in meno è una cicatrice che concorre a sfigurare un intero sistema in cui riconosciamo anche la cattedrale e il torrione, il palazzo Vulpano e il monastero delle Benedettine, il ponte di Santa Teresa e la via Appia-Traiana, la villa comunale e il museo archeologico, la zona artigianale e l'incommensurabile patrimonio immateriale fatto di lingua, consuetudini stili di vita e di pensiero.
Ne riviene l'urgenza di una tempestiva riflessione e di una oculata applicazione di tutti gli strumenti funzionali alla tutela del paesaggio, che è innanzi tutto identità: dalla Convenzione Europea del Paesaggio al D.L. 22 gennaio 2004, fino al Piano Paesaggistico Regionale.
In queste parole, nessuna polemica, nessuno schieramento partitico, nessuna dietrologia nostalgica. Solo la constatazione di uno stato emergenziale da monitorare e sanare nelle sedi opportune, da condividere e da gridare.
Non un ulivo in meno!»
«Intus poma virent. Extra florescit oliva ("Dentro verdeggiano gli alberi fruttiferi, fuori lussureggia l'ulivo").
Così Giovanni Francesco Sylos, che nel 1682 rapporta il suo 'pomario' al più ampio contesto paesaggistico dell'agro Bitonto. Così il Centro Ricerche di Storia e Arte - Bitonto, che, nell'attuale situazione emergenziale del paesaggio olivicolo, chiama ad una scelta di responsabile civismo e di doverosa tutela.
Il paesaggio, infatti, è una combinazione non replicabile tra elementi naturale ed elementi antropici. È memoria e proiezione. È identità ed eredità. Il paesaggio siamo 'noi'. Il 'noi' di Bitonto è il reticolo di strade che, dal centro pulsante dell'abitato urbano, si irradia in forma tentacolare verso l'agro; è la cattedrale romanica intorno a cui gravitano, come satelliti, chiese, palazzi nobiliari e sottani senza luce, poveri di arredi, ma ricchi di una umanità operosa, con le mani sporche di terra; è la geografia dei pagliari, delle neviere e delle torri che assicurano riparo, ristoro, difesa al di là della cinta muraria; è il sistema dei trappeti, dei palmenti e dei mulini, cantieri di produttività per una popolazione che profuma di olio, di vino, di pane.
Il racconto dei beni culturali di Bitonto e del nostro 'noi' potrebbe continuare. Ma si ferma qui. Non si può tacere, invece, il valore dell'ulivo, pianta di identità e di comunità, veicolo di benessere e garanzia di libertà.
A questo antenato vegetale, che si fa giovane rampollo nelle pieghe della storia, il Centro Ricerche di Storia e Arte vuole prestare la sua voce per gridare l'irrinunciabile valore storicoculturale, oltre che antropologico ed economico, della distesa degli uliveti che abbraccia il centro urbano di Bitonto, Mariotto e Palombaio. Le minacce al paesaggio olivetato avanzano con un ritmo che desta preoccupazione e portano nomi diversi, tutti ugualmente temibili. Gli impianti agrovoltaici e gli ecomostri generati dalla transizione ecologica, non meno della infestante Xylella, rischiano di devastare il territorio di Bitonto sfigurandolo in modo irreversibile. E a rimanere sfigurato non sarebbe soltanto l'agro, con le irrimediabili conseguenze sul piano economico. Un albero di ulivo in meno è una cicatrice che concorre a sfigurare un intero sistema in cui riconosciamo anche la cattedrale e il torrione, il palazzo Vulpano e il monastero delle Benedettine, il ponte di Santa Teresa e la via Appia-Traiana, la villa comunale e il museo archeologico, la zona artigianale e l'incommensurabile patrimonio immateriale fatto di lingua, consuetudini stili di vita e di pensiero.
Ne riviene l'urgenza di una tempestiva riflessione e di una oculata applicazione di tutti gli strumenti funzionali alla tutela del paesaggio, che è innanzi tutto identità: dalla Convenzione Europea del Paesaggio al D.L. 22 gennaio 2004, fino al Piano Paesaggistico Regionale.
In queste parole, nessuna polemica, nessuno schieramento partitico, nessuna dietrologia nostalgica. Solo la constatazione di uno stato emergenziale da monitorare e sanare nelle sedi opportune, da condividere e da gridare.
Non un ulivo in meno!»