Cane positivo al Covid, i medici: «Nessun rischio per l'uomo»

Gli esperti e le associazioni animaliste sgombrano il campo da quasiasi equivoco

giovedì 12 novembre 2020
«Il contagio del barboncino di Bitonto non rappresenta un problema sanitario». Lo ha affermato, a chiare lettere, l'epidemiologo e assessore regionale alla salute Pier Luigi Lopalco, commentando la notizia del riscontro della positività al Covid di un cagnolino, che si è diffusa molto rapidamente. Le autorità sanitarie hanno subito spiegato che l'uomo non corre alcun rischio di essere infettato dai cani e che perciò qualsiasi allarmismo è inopportuno.

La vicenda ha suscitato enorme curiosità e migliaia di commenti sui social. È toccato al professor Nicola Decaro, ordinario di malattie infettive degli animali all'Università degli studi "Aldo Moro" di Bari, spiegare come possa essere stato possibile registrare il contagio nell'animale: «È stato un colpo di fortuna averlo intercettato perché la famiglia ci ha permesso di testarlo all'interno di un progetto di ricerca che stiamo conducendo su cani e gatti. Il barboncino accudito dalla famiglia bitontina è il primo esemplare trovato con l'infezione in corso e la presenza dell'Rna virale».

La carica batterica del virus, in ogni caso, è molto bassa: «Il cane è stato contagiato dagli esseri umani: non corre nessun pericolo come non c'è alcun rischio che gli animali domestici possano trasmettere il Covid all'uomo». Secondo gli studi condotti in precedenza dall'Ateneo barese, su 919 animali esaminati in regioni dell'Italia settentrionale appena il 3.3% dei cani e il 5.7% dei gatti aveva presentato gli anticorpi della malattia, mostrando perciò di essere stato a contatto col Covid. Mai nessuno, prima del caso del barboncino di Bitonto, era stato rilevato come "attualmente positivo".

«Ribadire la non contagiosità degli animali domestici è fondamentale per non creare inutili allarmismi e seminare il panico tra le tantissime famiglie che accolgono animali» ha sottolineato Carla Rocchi, presidente nazionale dell'Enpa (ente nazionale protezione animali), evidenziando quanto già sostenuto dall'Istituto superiore di sanità.