Operazione "Orione" nel Salento: le indagini portano a Bitonto

Uno dei tre gruppi arrestati all'alba era capace di interloquire nel giro di affari col gruppo dei Di Cataldo

martedì 20 marzo 2018 18.05
Tre come le stelle allineate che formano la cintura al centro della costellazione di Orione: tanti sono i gruppi criminali, di cui uno capace di interloquire nel giro di affari con i Di Cataldo, un clan molto attivo a Bitonto, coinvolti nell'operazione "Orione" conclusa all'alba dai Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce sulla base delle indagini condotte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Maglie, guidata dal capitano Giorgio Antonelli.

I militari sono entrati in azione nel corso della scorsa notte ed i risultati dell'operazione sono stati presentati in conferenza stampa alla presenza del comandante provinciale dell'Arma, il colonnello Giampaolo Zanchi. L'imponente operazione che ha permesso di smantellare organizzazioni criminali che, stringendosi la mano in nome del business, erano riuscite a creare un giro di affari a sei zeri.

Una cifra dedotta dai pizzini ritrovati che hanno permesso agli uomini in divisa di ricostruire la contabilità soprattutto del clan guidato da Antonio Amato: biglietti su cui erano annotate cifre e nomi, alcuni in codice. È bastato un semplice calcolo per capire che il gruppo, in un solo mese (settembre 2015), era riuscito a piazzare droga per 300 mila euro. Nonostante una stima precisa sia impossibile, si pensa che sfiori il milione di euro.

37 i provvedimenti cautelari (20 in carcere e 17 agli arresti domiciliari), 62 persone indagate senza contare la droga e gli esplosivi sequestrati durante le perquisizioni che confermerebbero la facilità con cui le associazioni ricorrevano alle armi per riscuotere debiti o regolare questioni territoriali tra gruppi diversi. Il cuore dell'attività era, ovviamente, il traffico di sostanze stupefacenti, ma enorme peso avevano anche le estorsioni e i furti soprattutto con il cavallo di ritorno.

Il clan di Scorrano era diretto dall'uccel di bosco Vincenzo Amato, conosciuto da tutti come "pisciuleddhru". Era lui il deux ex machina vista l'esperienza maturata negli approvvigionamenti di droga fuori dai confini locali. Era balzato agli onori della cronaca per essere riuscito a far entrare in Italia la droga colombiana, utilizzando corrieri disposti ad ingerire ovuli. Per questo, era stato condannato a 19 anni e 6 mesi di carcere.

La "sua" associazione era in grado di gestire autonomamente canali di approvvigionamento di hashish e marijuana dall'Albania (come testimoniato dagli incontri a Muro Leccese con alcuni trafficanti del Paese delle aquile), ma anche dal Marocco via Malaga e capace di interloquire nel giro di affari con organizzazioni mafiose operanti nella capitale e anche a Secondigliano e con un clan molto attivo a Bitonto, i Di Cataldo.