"Levante", le condanne: 13 anni e 6 mesi a Giordano, 10 anni e 6 mesi a Sicolo

Le pene più alte inflitte dalla giudice Casu riguardano gli imprenditori di Bitonto. Noviello ha patteggiato: 4 anni e 4 mesi

sabato 8 ottobre 2022 12.44
Quel mondo di mezzo, fatto di colletti bianchi che avrebbero sostenuto la criminalità organizzata a ripulire i soldi, sarebbe esistito. Almeno così la pensa il Tribunale di Bari che ieri, a otto mesi dal blitz e dagli arresti, ha condannato 18 persone per un presunto giro di riciclaggio di danaro in attività illecite.

La sentenza è giunta al termine del rito abbreviato, il processo è scaturito del maxi blitz effettuato al termine dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, "Levante". La pena più alta inflitte dalla giudice dell'udienza preliminare Ilaria Casu riguarda Francesco Giordano: l'imprenditore di Bitonto, assistito dall'avvocato Giuseppe Giulitto, è stato condannato a 13 anni e 6 mesi oltre ad una multa di 13.400 euro. Per lui la Procura aveva chiesto la condanna a 10 anni.

Emanuele Sicolo, invece, noto come «il killer», ritenuto vicino al clan mafioso Parisi di Bari e difeso dall'avvocato Domenico Di Terlizzi, è stato condannato a 10 anni e 6 mesi e 10.000 euro di multa. Per lui la Procura aveva chiesto 11 anni e 10 mesi. Con loro sono stati condannati anche altri due presunti referenti delle varie attività illecite: Antonio Zefferino (11 anni e 4 mesi, rispetto ai 20 anni richiesti) e Luigi Spinelli (9 anni e 6 mesi, rispetto agli 11 anni richiesti).

Le richieste di pena erano state formulate dai pubblici ministeri antimafia Fabio Buquicchio e Bruna Manganelli, che avevano coordinato le indagini degli uomini della Direzione Investigativa Antimafia e della Guardia di Finanza. Altri 33 imputati erano già stati rinviati a giudizio, mentre altri 28 hanno patteggiato le pene. Tra loro il commercialista Francesco Paolo Noviello, la cui condanna a 4 anni e 4 mesi è stata calcolata in continuazione con un'altra condanna.

I reati contestati a vario titolo erano associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all'autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al contrabbando di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi. Gli inquirenti ritengono di aver accertato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro.

Nel procedimento sul presunto riciclaggio, anche all'estero, di fiumi di denaro derivante da attività illecite, evasione fiscale e frode sulle forniture di carburante, si sono costituiti parti civili il Ministero dell'Economia e l'Agenzia delle Entrate. L'inchiesta, nel febbraio scorso, ha portato alla esecuzione di 75 misure cautelari, tra arresti, obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e interdizioni a carico di commercialisti, imprenditori, oltre a esponenti del clan mafioso di Japigia.

Gli inquirenti ritengono di aver accertato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro, che sarebbe stato realizzato attraverso un sistema di aziende consorziate, società cartiere e frodi fiscali nei settori della commercializzazione di carne e idrocarburi, con la complicità dei professionisti compiacenti e, nella fase della monetizzazione, della criminalità organizzata barese che avrebbe poi reinvestito parte dei proventi nel narcotraffico.

Durante le indagini sono stati sequestrati oltre 4,4 milioni di euro in contanti nascosti nelle intercapedini condominiali della casa di uno dei vertici del gruppo e 43mila litri di miscele lubrificanti destinati all'autotrazione in evasione delle accise. A processo con rito ordinario ci sono altri 28 imputati.