Le mani del clan Conte di Bitonto nei lavori dopo il terremoto in Abruzzo

Per i giudici "infiltrazioni mafiose" ad opera del sodalizio criminale in una delle ditte impegnate nella ricostruzione

sabato 18 gennaio 2020 12.29
Tentacoli tanto sviluppati da raggiungere persino i lavori per la ricostruzione dopo il terremoto che ha devastato l'Abruzzo nel 2009, lasciando una scia di morte e dolore alle sue spalle.

È questo il quadro disegnato dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Bari che ha emesso un provvedimento di "Amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende" nei confronti della EDIL C.N.S. s.r.l., con sede legale a Trani e ritenuta dai magistrati fortemente legata ad alcuni elementi di spicco del clan Conte di Bitonto.

La misura è stata eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bari e prende spunto dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, secondo cui esisterebbero «parentele e frequentazioni da parte degli organi sociali con elementi di spicco del clan Conte di Bitonto, ovvero Mario D'Elia, pluripregiudicato, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, tratto in arresto il 18 giugno 2018 per il reato di associazione di tipo mafioso in concorso con altri 103 destinatari, per lo più appartenenti ai clan mafiosi Mercante - Diomede e Capriati, responsabili a vario titolo di associazione armata di tipo camorristico-mafioso, di tentato omicidio, di detenzione e porto di armi, di rapina a mano armata e contestuale sequestro di persona, di lesioni personali, reati peraltro aggravati dall'applicazione dell'art. 7 della legge n.203/91».

Stando a quanto riferito dai magistrati, sarebbe stata delineato «un articolato e sintomatico quadro di situazioni fattuali, pienamente condiviso dall'Autorità Giudiziaria, che ha ritenuto concreto il rischio di infiltrazione mafiosa nella ditta EDIL C.N.S. s.r.l. ed ha ravvisato nella medesima un pericoloso veicolo di infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto socio economico legale».

L'ipotesi investigativa troverebbe ulteriore riscontro nell'interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura de L'Aquila già a giugno del 2019 sempre nei confronti della stessa azienda.

Il patrimonio aziendale sottoposto ad amministrazione giudiziaria è stimato in circa un milione di euro.