Bitonto saluta Paolo Caprio. La mamma: «Non riesco a odiare»

Il parroco, don Paolo Candelaro: «La morte di Paolo ci chiede di cambiare il nostro modo di vivere»

mercoledì 8 settembre 2021 20.26
«Non riesco a odiare la persona che ha colpito mio figlio, perché evidentemente a differenza di mio figlio non ha altri strumenti». Sono le parole della mamma di Paolo Caprio, il 41enne ucciso a Bitonto durante un litigio nella Dill's, preso a pugni dal 20enne Fabio Giampalmo, in carcere con l'accusa di omicidio volontario.

Le parole della donna sono state riferite al termine dei funerali pubblici, nella basilica dei Santi Medici a Bitonto, dal sindaco Michele Abbaticchio. «Non riesco a immaginare - ha detto il primo cittadino - la forza e l'umanità che si possono provare nell'esprimere un sentimento del genere di fronte alla perdita di un figlio che aveva dentro di sé lo spirito di servizio, di umiltà, l'amore per il suo lavoro di artigiano e per quello che riusciva a donare agli altri», ha terminato il sindaco.

«La morte di Paolo oggi ci interpella, deve chiederci che tipo di vita stiamo vivendo. Se ci stiamo sforzando di vivere gesti concreti di bene e verità», ha aggiunto don Paolo Candeloro durante l'omelia ai funerali di Paolo Caprio prima di rivolgere un accorato appello a tutti i bitontini: «Ci dobbiamo impegnare a tirar fuori da noi il bene, non la cattiveria, la violenza. La morte di Paolo ci chiede di cambiare il nostro modo di vivere», ha detto ancora il parroco della basilica di Bitonto.

«Non abbiamo bisogno di belle parole - ha continuato don Paolo -, ma di gesti che dobbiamo rendere concreti nella vita di ogni giorno, nelle nostre famiglie, sul posto di lavoro, nella nostra città. Non si può rimanere ancora una volta indifferenti. Dobbiamo credere che dentro di noi c'è del bene e dobbiamo tirarlo fuori. La morte di Paolo ci dona questo invito a migliorarci. È una morte che deve scuoterci dentro e non ci deve far perdere tempo, come cittadini e come cristiani».

Il sacerdote ha parlato del «grido che si eleva dai familiari di Paolo così forte che ci interpella tutti, che esprime tutta la nostra sofferenza ed incredulità ed è un grido che oggi ciascuno di noi deve lasciar cadere nella propria coscienza. Un grido che non si può lasciare nell'indifferenza. È un momento che scrive anche la nostra storia cittadina. Abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l'esperienza di Anna Rosa Tarantino, Paolo si aggiunge a quest'elenco, ma ora basta», ha detto.

«Il grido di oggi - ha terminato don Paolo, dopo aver ricordato la morte di Anna Rosa Tarantino - sia pieno di speranza per il domani perché possiamo diventare persone migliori. La morte è una pagina amara, non saremo mai pronti perché ci coglie in una esperienza che ci segna dentro, ma nel Signore è il passaggio».